“Come pittore, cerco processi che mettano alla prova i miei istinti, che mi spingano fuori dalla mia zona di comfort. Anche se ho già sperimentato la stampa, la tecnica del monotipo è nuova per me, e l’ho affrontata come un’occasione per rileggere in chiave diversa il mio lavoro – sia dal punto di vista tecnico che tematico. Questa serie approfondisce idee che da sempre attraversano la mia ricerca: figure sospese tra pensiero e azione, tra presenza e assenza, tra libertà e costrizione.
La rappresentazione della Blackness esiste spesso nello spazio del sopraumano. Voglio sfidare l'idea che la vita dei neri sia sempre contraddistinta da spettacolo, trauma o resistenza. La gente è in grado di riconoscere il peso e il significato di una casa nera di tutti i giorni? Due bambini seduti sul divano a guardare la televisione o dei fratelli che giocano fuori mentre la madre riposa in un'altra stanza? La cosa più radicale, forse, è che la libertà - la vera libertà - è profondamente ordinaria. Le persone emarginate spesso abitano due mondi paralleli: quello della libertà e quello della non-libertà, quello dell'appartenenza e quello dell'esclusione. Il mio lavoro si sofferma su questa tensione, sui momenti di tranquillità in cui entrambe le realtà esistono contemporaneamente.
Lavorare con il monotipo mi ha permesso di osservare questi temi da un’altra prospettiva. Il processo stesso riflette le dualità presenti nel mio lavoro: il continuo equilibrio tra controllo e imprevisto, tra struttura e spontaneità. Ho sempre dato valore alla presenza fisica della mano nell’opera, al segno diretto dell’artista. Ma con il monotipo entra in gioco un elemento di incertezza che rende tutto più interessante. È un processo a strati: si parte da una prima stampa, si crea poi una “ghost print” e su questa si interviene, aggiungendo colore dove necessario. L’immagine iniziale spesso cambia completamente nel corso di questo procedimento. C’è un senso di gioco in tutto ciò, che rispecchia il mio modo di lavorare: entrare nel processo senza aspettative rigide, lasciando che il lavoro si sviluppi da sé. Voglio che nei miei monotipi si percepiscano il movimento e la fisicità della pittura, che il gesto conservi quell’immediatezza che lo rende insieme grezzo e consapevole. Credo che ci sia una forma di libertà nel non sapere esattamente dove porterà un’opera. Cerco di lasciarmi sorprendere da quello che faccio, permettendo all’incertezza di guidare il risultato. È in quello spazio - tra il sapere e il non sapere - che, per me, si generano i momenti più significativi.”